Un giorno a Lisbona in un vortice di sali, scendi tra un Pastel e un po' di Fado

Abbiamo solo un giorno per assaggiare la capitale del Portogallo e Irene ha dedicato molto tempo all’ideazione di un walking tour che è stato molto carino! Facciamo colazione al bar sotto casa e fin da subito capiamo che i portoghesi hanno una gran passione per la tavola calda al baccalà e crostatine e sfogliatine varie, pure il caffè sanno fare! Insomma partiamo col piede giusto e lo posiamo in direzione Belém, che raggiungiamo con un bus che ci fa fare un giretto panoramico per il centro della città. Arriviamo proprio di fronte la nostra meta.

Mosteiros dos Jeronimos è un complesso in stile gotico manuelino composto da un convento e una chiesa. Non è subito chiaro quale sia il convento e quale la chiesa visto che ci sono dei portali decoratissimi su tutto il prospetto laterale della costruzione, quello che si affaccia sull’acqua e sulla coda di gente in attesa di entrare. Dibattiamo a lungo io e Paulo per capire se quest’acqua che si vede sia parte della foce del fiume su cui sorge Lisbona o dell’Oceano Atlantico: consultiamo Google Maps e stiamo un bel pezzo a guardare la mappa perché la soluzione è molto più complessa di quella che ci aspettavamo. In pratica, il Tejo ha un estuario che è una specie di grosso lago, il quale si restringe su due penisolette di terra che formano una sorta di stretto che poi si butta a mare. Nella parte più stretta dello stretto c’è il ponte del 25 de Abril che per fortuna è un ottimo punto di riferimento per capire come siamo posizionati. Al di qua sta il centro città (più verso la terra ferma) a di là sta Belém (più verso l’Oceano). Mentre parliamo di tutto ciò la fila, come il fiume Tejo, scorre verso questo oceano gotico nel quale entusiasti ci immergiamo! Il monastero piace a tutti quanti, soprattutto il suo chiostro con un peristilio a due piani pieno zeppo di colonnine con capitelli decorati: c’è scolpito un parterre di santi di tutto rispetto! Irene ci racconta che lo stile manuelino è peculiare della capitale portoghese perché celebra la passione di questo popolo e dei sovrani medievali per l’esplorazione: tutto è decorato con funi attorcigliate, conchiglie, alghe, catene e ancore. Qui è là molte sfere chiamate armillari cioè strumenti utili per la navigazione, tanto per cambiare. Manuelino perché il re più fissato era Manuèl I, sovrano negli anni in cui Colombo scopriva l’America e Vasco da Gama doppiava il Capo di Buona Speranza. Anche la chiesa è maestosa soprattutto per le vetrate dipinte e per il monumento funebre dello stesso Manuèl.

All’uscita, ci dirigiamo verso l’acqua e poi svoltiamo a destra camminando in direzione Torre di Belém che già vediamo all’orizzonte. Non è vicinissima e andare e tornare ci fa perdere più di venti minuti. Facciamo qualche foto e torniamo indietro stavolta guardando verso il Padrão dos Descubrimientos che non raggiungiamo da vicino perché non pare ne valga la pena. Invece vale la pena una sosta per assaggiare il famoso Pastel de Belém! Puntiamo dritti verso di lì, Irene raccomanda di non lasciarci distrarre da niente per non perdere troppo tempo ma (un MA grande quanto una casa), finiamo travolti da un mercatino natalizio pieno di cose da mangiare. La stessa Irene che raccomandava di puntare alla meta senza distrazioni, saltella di gioia davanti ad una bancarella con su scritto Pastel de Queijo, una specie di pizza fritta brasiliana con formaggio e sugo all’interno. Diventerà il nostro pranzo in circa tre secondi! Certo è che rimane spazio a sufficienza per più di un Pastel de Belém che consumiamo subito dopo in questa pasteleria storica molto famosa ma a buon diritto! Mentre ancora l’ultimo Pastel prende la via del mio stomaco (il terzo per essere precisi), mi trascinano dall’altro lato della strada a prendere il tram. Sulla cima del vetro anteriore c’è scritto “Cais do Sodrè” ed è lì che andremo. Non conto le fermate ma sono parecchie, finché, sempre costeggiando l’acqua, non raggiungiamo questo quartiere famoso tra le altre cose per il mercato al chiuso TimeOut Market. Entriamo da un lato ed usciamo dall’altro, qui semplicemente di mangia e si beve ma al momento stiamo apposto così. In un paio di veloci zig zag arriviamo alla celebre Rua Nova do Carvalho, meglio nota come Pink Street: il pavimento infatti è tutto rosa mentre in alto una copertura di ombrelli colorati la rende incredibilmente fotogenica!

Dopo il photo-stop, Irene annuncia che è ora di “salire”. In effetti ripide vie si aprono davanti a noi e non abbiamo altra scelta che seguire le indicazioni della nostra guida. La scalata è tutt’altro che spiacevole, primo perché ci aiuta a digerire e secondo perché i palazzi sono ricoperti di piastrelle colorate e balconi in ferro battuto che sono molto belli. Il quartiere che stiamo attraversando è Chado, un posto per intellettuali e bohemien con i suoi teatri, le librerie e i caffè. Un caffè in particolare, A Brasileira, è punto di riferimento Art Decò per scrittori e letterati come Ferdinando Pessoa, la cui statua di bronzo sta ancora seduta ad un tavolino del bar. Adriano e Paulo vengono fuori con dei caffè espresso (chiamati Bica) sghignazzando tra loro. Perché? Perché hanno speso più di 10 euro per ottenerli!

La Rua Garrett sulla quale ci troviamo è molto vivace e affollata ed è un piacere stare qui, ma improvvisamente ci ricordiamo che è il nostro unico giorno a Lisbona ed abbiamo ancora molte cose da vedere. Così continuiamo a salire! In pochi passi siamo in un’altra bella piazza ed entriamo nella chiesa di Sao Roque: passiamo velocemente dal gotico manuelino, all’Art Decò al Barocco adesso e un poco gira la testa. Questa chiesa ha un bel soffitto ligneo dipinto a prospettiva in stile manierista da Francisco Venegas, inoltre in una delle cappelle laterali ci sono dei bellissimi azulejos, che leggiamo essere i più antichi maiolicati in città. All’uscita ci dirigiamo verso Alcantâra, in particolare al Miradouro de Sao Pedro. Dice che Lisbona è famosa per i suoi miradouros e forse becchiamo uno dei più scenografici al primo colpo. C’è musica, è quasi il tramonto ed è molto bello cercare di indovinare la geografia del paesaggio con il castello di Sao George quasi di fronte a noi. Sembrerebbe ad un tiro di schioppo se non fosse per un’ampia vallata che ci divide: sotto di noi vediamo una strada larga ed alberata (Avenida de Libertade) che di tanto in tanto si apre in piazze, quella de los Restauradores e quella do Rossio in particolare. Irene dice che puntiamo in quella direzione.

Per scendere usiamo un costoso e veloce tram giallo molto caratteristico, avremmo speso circa sei euro per sei minuti di giro ma siamo ormai stanchi di camminare e visto che non avremo tempo per prendere uno degli ascensori panoramici della città, ci accontentiamo di questa esperienza. Scendere nella vallata ci porta dritti nel quartiere Baixa che vuole in effetti dire zona “bassa”.

È d’obbligo una breve digressione sul terremoto di Lisbona che ha interessato in particolare questa zona della città: era il primo novembre del 1755 quando uno dei terremoti più disastrosi della storia d’Europa si verificò sulle coste atlantiche non lontane dalla città. Siamo attorno all’ottavo grado o poco più. Crollarono un sacco di palazzi e chiese e la devastazione fu impressionante. Ancora contavano i morti quando onde di oltre venti metri arrivarono dal mare e si abbatterono sulla Baixa e le altre zone costiere peggiorando la situazione. E se non fosse abbastanza, durante i crolli delle chiese, candele e legname fecero scoppiare un incendio che per cinque giorni ridusse in cenere ciò che era rimasto in piedi. Il trenta percento della popolazione perse la vita e buona parte della città fu perduta. Fine digressione.

Entro a Praça dos Restauradores convinta che i restauratori in questione fossero le maestranze che ricostruirono la città, invece Irene mi spiega che il titolo è dato dalla liberazione dal dominio spagnolo nel 1640. Poco più avanti incontriamo una piazzetta alberata dove si erge il Convento do Carmo: non ce lo possiamo perdere! Si tratta di una chiesa senza tetto ferma in bilico al momento del terremoto. Purtroppo ci sono diverse impalcature all’interno ma è figa lo stesso. Il cielo sopra di noi, soffitto acquerelloso straordinario, ci ricorda che il sole viene giù rapidamente ed è ora di proseguire. Prossima tappa Praça do Comèrcio, simbolo indiscusso della città. Ci arriviamo percorrendo l’elegante Rua Augusta (prosecuzione naturale di Avenida da Libertade) piena di negozi, edifici grigio chiaro e musica di artisti di strada che danzano e suonano con grande entusiasmo.

Praça do Comèrcio è più grande di quanto mi aspettassi, è difficile fare foto che le rendono giustizia perché non si riesce a farci stare tutto. Noi ci fermiamo proprio davanti l’Arco da Rua Augusta per ammirare l’ultimo stralcio di tramonto insieme ai nostri amici Vasco da Gama e il Marchese de Pombal (quello che ricostruisce la città dopo il terremoto) che statueggiano sopra le nostre teste.

Appena si fa buio decidiamo di essere troppo stanchi per proseguire a piedi. Di prendere il famoso tram 28 non se ne parla perché è strapieno di gente, così ci concediamo un giro in moto-ape (complessivamente 50€ per 1 ora) che ci porta ad ammirare la Cattedrale, la chiesa di Sant’Antonio di Padova (che in realtà è di Lisbona!!!), il Miradouro di Nossa Senhora do Monte, il quartiere di Alfama e infine ci lascia al Miradouro Porta do Sol. Di questa parte della giornata due cose sono particolarmente belle: la ginja vale a dire un liquore alla ciliegia servito su un bicchierino di cioccolato che ci offre una signora in vestaglia e bigodini tra le viuzze di Alfama; e un concerto di chitarra e violino offerto da due bravissimi artisti di strada proprio al Miradouro Porta do Sol dove restiamo per almeno 40 minuti.

Sembra che oggi è durato tre giorni e non è ancora finita! Ceniamo ad Alfama in un ristorantino ottimo, dove mangiamo pesce buonissimo ascoltando il Fado (60€ a persona spettacolo e cena). È un’esperienza incredibile, conclusione perfetta per giornata perfetta.